sabato 7 agosto 2010

Gian Burrasca contro Pierino la peste.

C'era una volta, tanto tempo fa, in una Galassia lontana e sperduta nella spazio, un piccolo mondo chiamato Fantàsia.

Questo pianetino era popolato da poche centinaia di strani personaggi che intersecavano quotidianamente le loro bizzarre esistenze.

Tra questi spiccava il giovane Gian Burrasca che, poco più che sedicenne, credeva di essere il padrone del Creato, il Giusto tra i dannati ed il solo depositario della Verità.
In realtà era un cagacazzo assoluto e di dimensioni cosmiche. Arrogante, presuntuoso ed inviso a quasi tutto il resto della cittadinanza.

Altro soggetto che non passava certo inosservato era il piccolo Pierino la peste.
Età anagrafica di 10/11 anni circa ma potenziale vandalico pari al peggior ergastolano.
Musetto carino ma impertinente, fisico esile ma agile, cervello acuto ma predisposto unicamente al rompimento di coglioni verso il prossimo. E questa missione riusciva ad assolverla a pieni voti.

Ovviamente tra Gian Burrasca e Pierino la Peste non correva buon sangue.
Anzi.
I due non solo si detestavano reciprocamente ma facevano di tutto per venire a contatto e, di conseguenza, le scintille erano assicurate.
La differenza era data soprattutto dall'età quindi, quasi sempre, ad uscirne sconfitto era il povero (si vabbè povero...) Pierino.
Le prendeva di santa ragione ma non abbassava mai la cresta ed anzi provocava Gian Burrasca a più non posso con la intima speranza di poterlo ripagare quanto prima con la stessa moneta e con tutti gli interessi.

Finchè, un bel giorno, quel momento arrivò!

Era una calda serata d'estate in quel di Fantàsia e tutti gli abitanti si radunavano presso una vecchia arena chiamata Pista dove nel periodo estivo si svolgevano numerosi tornei tra cavalieri di compagini rivali.
Ed in questi frangenti i nostri cari bulletti di periferia, Gian Burrasca e Pierino la peste, non potevano mancare l'occasione per far notare la loro smisurata testa di cazzo.

Nonostante quella serata in particolare fosse caratterizzata da un notevole afflusso di persone i due dovevano e volevano a tutti i costi venire a contatto. Non è dato sapere quale fu il motivo del diverbio di quel dì, ma non ha importanza, poichè sicuramente era un pretesto.
Fatto sta che ad un certo punto Gian Burrasca decise di prendere Pierino ed ammazzarlo di botte. Ovviamente Pierino non era tipo da restar fermo a subire l'ira funesta del (pelide..) Gian. Ed iniziò a fuggire. Il Burrasca dietro ad inseguirlo ma, ahi lui, non riusciva a raggiungerlo. E corri corri corri, corri corri corri, le energie iniziavano a diminuire mentre il nervoso si accresceva in maniera esponenziale.

Poi l'idea geniale.

"Se non riesco a raggiungere te, allora me la prenderò col tuo indifeso destriero" pensò, tra sè, Gian Burrasca.
Si avvicinò, quindi, al piccolo mezzo di locomozione di Pierino, un modesto ronzino affettuosamente chiamato BC, lo prese a calci e pugni, rovesciò su di lui tutta la rabbia repressa e, non contento, decise di spingerlo con tutte le sue forze scagliandolo lunga la via dissestata, senza guida alcuna.

Ma il caso volle che il povero animale, impaurito da cotanta collera e privo di controllo per la vigoria della spinta, dopo una corsa di un centinaio di metri, andò a sbattere contro una carrozza lussuosa e nuova di fiamma parcheggiata ai lati della Pista.
Questo veicolo, che tutti identificavano col nome di Pesciò, era di proprietà di un giovane uomo chiamo Giagio.
E questo era un problema. Prima di tutto perchè sto Giagio era un tipo misterioso e di poche parole, secondo perchè su di lui si raccontavano strane storie di avventure e stragi e massacri vari e ultimo, ma non ultimo, perchè era grosso come una casa. Sfiorava i due metri, muscoloso e nerboruto, ti guardava dall'alto verso il basso facendoti sentire Pollicino ai piedi di Gulliver.

Gian Burrasca si rese subito conto del problema e, da intrepido guerriero qual'era, fece ovviamente finta di nulla ed andò a confondersi tra la folla, consapevole del fatto che nessuno si era accorto di niente.

Ma si era dimenticato dell'odiato Pierino.

Per Pierino era finalmente giunto il momento tanto atteso, l'occasione agognata da mesi, l'ora della sua vendetta.
E come un falco si precipitò dal Giagio, raccontandogli tutto.
Ma non solo; non voleva vincere, voleva stravincere. E giocò il carico.
Riferì tutto alla sola persona di tutta Fantàsia che incuteva ancor più timore del Giagio.
Il padre del Giagio stesso, tal Merigo.
Non era alto e poderoso come il figlio, ma dotato di una lucida follia che rendeva codardi anche i guerrieri più impavidi.
E poi aveva una figlia. Una figlia, gente, che sembrava una Dea in terra.
Talmente bella che se volevi farle una serenata sotto la finestra dovevi prendere il numerino come al supermercato. Di conseguenza, se volevi avere una microscopica speranza anche solo di poterla guardare da vicino, non potevi di certo inimicarti il di lei padre.

Così, in men che non si dica Gian Burrasca venne minacciato di morte dal Giagio.
Peggio fece Merigo che gli prospettò le peggiori torture.
Per non parlare della piccola Dea che mai, mai e poi mai avrebbe più degnato di attenzione il nostro malcapitato bulletto.

Gian Burrasca tornò, quindi, a casa con la coda tra le gambe, fu costretto a risarcire il Giagio, dovette pubblicamente chiedere scusa a Merigo e... buttò al vento le già infinitesimali speranze di poter, un giorno, sposare la bellissima Dea.

E Pierino, di contro, ne uscì vincitore.

Ora, con tutto quello che è successo in quei lontani giorni, chi avrebbe mai detto che Gian Burrasca avrebbe poi, dopo pochissimo tempo, davvero sposato quella dolce fanciulla? E mangiato fianco a fianco del folle Merigo per anni ed anni? O, ancora, diventato parente del gigantesco Giagio?

Eppure fu proprio così che andò!!!

E Pierino?
Beh, divenne, immediatamente dopo, il suo migliore amico. Ovviamente.



.... e vissero tutti felice e contenti.